P. Clemente Pilloni

La più bella sintesi biografica di Fra’ Clemente Pilloni la fece l’arcivescovo di Cagliari mons. Ottorino Pietro Alberti, in occasione del funerale del religioso cappuccino. Le parole di mons. Alberti lasciano un chiaro messaggio di chi fosse p. Clemente e come mai il popolo sardo lo stimasse così tanto. In questo mio contributo voglio proporre alcuni “passaggi chiave” di quell’omelia “[…]Eravamo così abituati alla sua attenzione, al suo giudizio, al senso della sua sempre amabile presenza, che ora che egli non c’è più a vedere e sentire quel che facciamo, ad arricchirlo del suo pensiero, dei suoi consigli, a illuminarlo e sostenerlo con la forza delle sue speranze e della sua volontà, sembra che altro non dovremmo esprimere se non la silenziosa tristezza per una perdita che in primo luogo è di coloro che vissero vicino a lui, i suoi confratelli, e rimpianto per le nostre vite impoverite di una luce che era solo sua, di una gentilezza d’animo di cui non è facile trovare l’eguale, di una operosità, di un fervore, di una capacità di dedizione e di sacrificio che costituiranno il nostro perenne ricordo. Ma sentiamo anche la necessità, in un momento come questo, in cui non si può e non si deve sfuggire ad un esame di coscienza e a un chiarimento di intenzioni, di cercare di spiegarci quale sia stato il senso della sua vita e della sua opera, con quale spirito abbia vissuto la sua vocazione di francescano. […]

Nato a Iglesias l’8 luglio del 1927, frequentò prima il Seminario diocesano di Iglesias e poi entrò in convento il 10 luglio 1951, fece la Professione solenne, quindi continuò i suoi studi filosofici e classici a Oristano, poi gli studi Teologici a Sassari. Fu ordinato sacerdote a Cagliari il 3 luglio 1955. Poi cominciò il suo apostolato occupando tanti uffici, in molti luoghi. Da Laconi, dove fu viceparroco, venne mandato a Iglesias, poi a Sassari e a Mores. Nel 1966 fu incaricato dell’ufficio che amò con particolare sentimento e intensità, quello di Vice Postulatore per la causa di Beatificazione di Fra’ Nicola da Gesturi, per la cui Beatificazione tanto si adoperò. Nel 1971 fu nominato Guardiano a Sanluri, dove fu anche Direttore del Seminario e Direttore della Rivista Voce Serafica. Da Sanluri fu inviato di nuovo a Cagliari, incaricato del servizio del Santuario e qui rimase fino al giorno della sua morte, proprio alla vigilia della sua festa onomastica, che certamente solennizza in maniera singolare, direi perfetta, e nella maniera migliore davanti al trono di Dio. Ebbene, in p. Clemente, ben possiamo esaltare tutta la dignità, il merito e, perché no, il martirio dei sacerdoti, cioè di coloro che assolvono a quella missione in cui i valori più alti e le esperienze più dure della vita cristiana trovano una garanzia di difesa e di soccorso. Ci riferiamo a lui come al campione e all’annunciatore evangelico della purezza, della solidarietà, della giustizia e della pace, come a colui che ha operato perché la virtù rifiorisse nelle famiglie come spiritualità dell’amore, nelle tradizioni della comunità come nobiltà e decoro di comportamento, nella società come richiamo all’ordine, al vero progresso. […] P. Clemente, sì, un frate che muore sul posto di combattimento, nella trincea della vita attiva, non certamente come negli anni della sua giovinezza, ma sempre un’attività che esprimeva il suo amore per il bene delle anime, ma soprattutto, non meno importante e sofferta, per l’offerta del suo dolore. Niente lo toccò mai come la commozione di essere e di sentirsi al servizio delle anime. Aveva infatti compreso che, se la paternità spirituale deve essere completa, la cura delle anime deve essere insostituibile con il consacrato, il sacerdote, col vescovo e il Papa. Padre e responsabile di tutto, pronto non a essere servito ma a servire e dare la sua vita per molti, per tutti. Quindi, la mano di p. Clemente non ha cessato di benedire, come il suo cuore, sì, ha cessato di battere per il ritmo del sangue, ma non certo dell’amore. Con il suo esempio continua a predicare le parole sagge del Vangelo che non si smentiscono mai, dopo aver immolato tutte le sue forze come in un alone di incenso, dopo aver pregato proprio perché, intorno all’ovile, i lupi non avessero a rovinare il gregge […]”.

Andrea Agostino