Santa Giusta Martire

Non esistono documenti storici concreti sulla vita e martirio di Santa Giusta, martire venerata nell’Arcidiocesi di Oristano, ma solo alcune leggende e tradizioni orali. Secondo il manoscritto del 1616 del canonico arborense Antonio Martis disse: «la fanciulla Giusta già dall’età di dodici anni si convertì al cristianesimo, contro il volere della madre che morì di crepacuore dopo averla fatta imprigionare e flagellare. Giusta nacque nella città di Eaden (oggi Santa Giusta) ai primi del secondo secolo, al tempo dell’imperatore Adriano e morì in seguito ad un nubifragio. La sua città fu sommersa dalle acque della laguna per punire l’idolatria dei suoi abitanti. Fu sepolta nelle carceri della sua casa il 14 del mese di maggio. Nello stesso luogo edificarono poi una chiesetta in memoria della Santa, nello stesso anno in cui fu edificato il ponte del fiume di Oristano. Giusta sperimentò le atrocità del martirio da parte della madre e dal giovane pagano Claudio, ella non smise mai di invocare il Signore e le sue grida e l’infuriare della madre fecero accorrere i vicini di casa i quali chiesero a Cleodonia di smettere di tormentare la figlia. Una volta sentita la spiegazione della donna essi stessi le suggerirono di imprigionare la ragazza nei sotterranei della loro casa e di non darle né da mangiare né da bere, in quanto solamente in questo modo si sarebbe ravveduta. Nelle carceri, Giusta cominciò a pregare il Signore. La terra tremò e si sprigionò una grande luce e una schiera di angeli si presentarono al cospetto di Giusta e le sanarono le ferite . Molte delle guardie spaventate dal tremare della terra e, udendo i cori angelici si diressero verso i sotterranei e assistettero alla scena senza osare muoversi. Alcuni di loro raccontarono quanto visto a Cleodonia ma ella non volle credere a nessuno, nonostante fosse molto spaventata e non sapesse spiegarsi la scossa di terremoto. Si recò ancora una volta dalla figlia per tentare di convincerla a rinnegare la fede cristiana ma, non ottenendo il successo sperato ordinò alle serve di incatenarla e di flagellarla. Gli angeli accorsero ancora una volta alle preghiere della ragazza, la liberarono e la curarono. I loro canti fecero desiderare a tal punto a una povera serva cieca di poter assistere a quel miracolo che ella riacquistò subito la vista e poté allietarsi alla vista degli angeli. Cleodonia venne a sapere da alcune guardie del miracolo avvenuto e così decise di recarsi di nascosto nelle carceri per verificare di persona quanto gli era stato raccontato. Successivamente i resti mortali furono trasferiti a Cagliari e sepolti nella cripta della chiesa di Santa Restituta. Solo il 2 maggio 2004 le sue reliquie furono restituite e ora si trovano nella cripta della Basilica di Santa Giusta, luogo della sua ultima dimora, quella eterna». Attraverso questo racconto della “passio” di Giusta si può notare come il tutto sia avvolto da leggende. Esistono anche delle curiosità legate a Santa Giusta, una racconta che «la “vernaccia” abbia avuto origine dalle sue lacrime: la malaria faceva tantissime vittime sull’Isola, i morti aumentavano di giorno in giorno. Fu allora che Santa Giusta scese dal cielo e cominciò a piangere, dove si posarono le sue lacrime nacquero tante piantine che rapidamente si coprirono di foglie e frutti, gli uomini ne raccolsero i frutti e li pigiarono, il succo venne contenuto in grandi anfore e appena i malati, arsi dalla febbre, bevevano un po’ di quello strano liquore, si sentivano immediatamente meglio. Da allora, si dice, che i sardi abbiano combattuto la malaria e il “malgoverno” bevendo vernaccia, il cui nome deriva da “vernum”, Primavera, la stessa sbocciata nell’Isola per l’effetto rincuorante del nettare bevuto dai suoi abitanti».

Andrea Agostino